Yorick Editore – Mauro Leonardi – “Quel delitto del primo giugno”
domenica 1 giugno 2008 ore 15
1.1
Tre casettine dai tetti aguzzi,
Un verde praticello,
Un esiguo ruscello: Rio Bo
Il sussidiario era lě, aperto alla pagina, dove Renato aveva nascosto la polizza, mentre in TV Davide Cassani e Auro Bulbarelli si davano da fare per tenere desta la sua attenzione. Sul video, in attesa della telecronaca dell’ultima tappa del Giro d’Italia, scorrevano le immagini del tappone dolomitico del giorno precedente, con quella terribile salita del Mortirolo, la stessa che aveva visto la prima grande impresa da scalatore di un giovanissimo Pantani.
Le voci dei commentatori gli arrivavano ovattate, lontane, come un rumore di fondo fatto di suoni indistinti. E dire che appena venti giorni prima, alla partenza del Giro, aveva annotato con cura, come ogni anno, le date delle tappe che non dovevano sfuggirgli.
Le imprese dei ciclisti lo avevano sempre entusiasmato. Anni addietro aveva comprato una bicicletta sportiva piuttosto modesta che, sostituendo pezzo dopo pezzo, prima il cambio, poi il sellino e infine il manubrio, aveva trasformato nel giro di qualche anno in bici da corsa. La sua abilitŕ di ciclista non era perň migliorata agli stessi ritmi e, anno dopo anno, aveva rimandato – soltanto momentaneamente, di questo era certo – l’impresa di percorrere in un’unica tappa tutti i cento chilometri da Palermo fino a Vallelunga.
Lě c’era il suo “buen retiro”, quel podere in un posto dimenticato da Dio e dagli uomini, che Renato aveva ereditato da suo padre. Due ettari di terreno in prevalenza brullo con centro una vecchia casa rurale dove Stefania non aveva piů voluto mettere piede dopo esserci stata la prima volta, quando erano sposati soltanto da pochi mesi.
Quando Renato ce l’aveva portata le aveva parlato, strada facendo, dei suoi progetti per l’utilizzazione del podere. Ci vedeva un agriturismo con colture biologiche e allevamento di cavalli, progetto la cui realizzazione avrebbe, a suo dire, potuto avere ritorni economici tanto interessanti da consentirgli di abbandonare quella vita da impiegato che gli stava stretta. Non aveva precisato con quali risorse, ma lui quest’aspetto lo saltava a pič pari. Sogni.
A Stefania l’erba secca che fuoriusciva dalle fenditure del cementato sconnesso dell’aia e l’umiditŕ delle mura interne di quella casa mezza diroccata avevano suggerito, mentre cercava di evitare che un cane di razza scognita, piuttosto vecchio e macilento, le leccasse i piedi, un commento che aveva mortificato l’entusiasmo di Renato.
“Ma che pensi di farci con questo rudere? Cosě lontano dalla cittŕ, né mare né montagna, né carne né pesce. Chi ci verrebbe mai? Li vedi tu i turisti che vengono qua? A fare poi che cosa? A contare le pulci e le zecche? E poi… dove pensi di trovare tutti quei soldi che ci vogliono per realizzare il progetto?”.
Da quel giorno in campagna Renato c’era andato da solo, una volta a settimana, se non altro per portare qualcosa da mangiare al cane, unico ospite fisso della proprietŕ, scegliendo di norma il pomeriggio in cui Stefania era impegnata dal parrucchiere. Le prime volte con la macchina carica di tutte quelle cose che Stefania definiva “i cimeli della sua gioventů”, che lei avrebbe volentieri buttato nella spazzatura. Tutte quelle cose in gran parte inutili da cui Renato non aveva voluto separarsi, compresa la raccolta dei giornaletti di Topolino e i libri delle elementari fra i quali quello aperto adesso alla pagina con la poesia di Palazzeschi.
In seguito, quando i loro rapporti avevano cominciato a degradarsi, il giorno scelto era stato piů frequentemente il sabato o la domenica.
1.2
La birra, tirata fuori dal frigo, bevuta a digiuno direttamente dalla bottiglia, unita alla sonnolenza dovuta alla notte trascorsa nel dormiveglia, aveva fatto il suo effetto ma non era solo questo a distrarlo dalla telecronaca.
“Mi sembri agitato… a cosa stai pensando?”.
“Vorrei vedere te al mio posto, non č facile digerire la notizia di un delitto quando la vittima č tua moglie”.
“Lo scopri solo adesso che ci tenevi a questa moglie? … Un po’ tardi, mi pare…”.
“Che c’entra… Sempre tua moglie č, anche se non vi parlate piů da anni, anche se hai considerato, magari in un momento di rabbia, o magari, come nel mio caso, lucidamente, la sua dipartita come una liberazione.”
“Alt! Un momento Renato! … Ti sei scordato che sei stato tu ad architettare il delitto? Da quanto tempo ci pensavi? E mi racconti adesso che la cosa ti ha colto impreparato? Un po’ di coerenza… per piacere…”.
“Non lo nego, ma davvero non ero preparato…, č la prima volta che mi capita”.
“Evita le battute stupide…, non č questo il momento. Certo, ti mancherŕ quella donna che ti facilitava la vita. Che ti faceva trovare la tavola apparecchiata a pranzo e a cena, senza neanche battere ciglio se tardavi senza avvisare, ti metteva a posto i vestiti, disordinato per come sei, ti portava anche il caffč a letto…, mentre tu magari stavi meditando su come eliminarla…”.
“Non č questo…, ormai vivevo praticamente solo da anni. E non sono i disagi materiali che possono mettermi paura. Il discorso č diverso…, tutto si č svolto cosě velocemente…Avrei voluto odiarla quella donna, magari essere odiato da lei, essere costretto ad attaccare per non dovermi difendere…”.
“Hai dei ripensamenti? … un po’ tardi ormai. Piuttosto, cerca di tirarti su e soprattutto di restare lucido perché ne avrai bisogno, i momenti piů difficili devono ancora arrivare, mio caro. A proposito, sei certo di avere fatto tutto per bene di non aver dimenticato niente? … Sai la minima distrazione…”.
“Ci mancano solo i tuoi dubbi, adesso…”.
“No, ti dico solo che sta per arrivare il momento in cui devi tirar fuori tutte le tue capacitŕ. E non č la birra che puň aiutarti adesso…”.
Sarebbe potuto andare avanti per ore senza una conclusione questo dialogo fra i suoi due “io”, quello che aveva sognato di vivere felice in giro per il mondo con i soldi dell’assicurazione e quell’altro che, sentiti i titoli del TG delle quindici (“Rapina finita nel sangue in un quartiere della Palermo-bene”) non aveva saputo resistere alla visione delle immagini del palazzo in Via Croce Rossa e, senza attendere dettagli e commenti, aveva cambiato canale per tornare al Giro d’Italia.
Altro che birra gli ci sarebbe voluta per placare l’inquietudine! Aveva finanche cercato fra le medicine il Tavor che Stefania aveva portato con sé quella prima e unica volta che aveva messo piede lě. Era ovviamente scaduto e neanche da poco.
Davide Cassani questa volta stava spiegando ai ciclisti della domenica quali alimenti assumere quando in sella ci si passano cinque o sei ore, il sogno di Renato, mentre Alberto Contador, uscito indenne dalla tappa di ieri con quell’Emanuele Sella che si era lanciato giů per la discesa dopo il Mortirolo, giusto per mettergli un po’ d’ansia, si apprestava a compiere la passeggiata fino a Milano con la maglia rosa ormai ben salda sulle spalle.
Ma chi sarebbe riuscito a seguirlo adesso il Giro? …